La riforma incalcolabile e il ruolo della Amministrazione

La riforma incalcolabile  e il ruolo della Amministrazione
Photo by Bruno Mira / Unsplash

Con Cristina Bulzacchelli ho scritto qualche riga di riflessione sul ruolo delle Segreterie tributarie nel mezzo della riforma digitale. Si tratta di un contributo che andrà ad arricchire il Massimario 2021 della Corte di Giustizia tributaria dell'Emilia Romagna.

La recente, epocale, riforma del diritto tributario processuale è stata giustificata con i numeri e costruita su di essi. In un certo senso, si potrebbe sostenere che ogni aspetto della giustizia tributaria è stato trasformato in una cifra.

Si contano le ore di lavoro, i giorni per arrivare a sentenza, il numero dei casi pendenti, il numero dei casi risolti, la percentuale dei giudizi confermati in grado di appello, e in poi in Cassazione. Ancora, si conteggiano il numero di giudici in ruolo, e il numero di quelli che saranno reclutati, per finire al il numero delle cause iscritte a ruolo e il valore delle medesime.

Si tratta di parametri tra loro eterogenei ma, appunto, tutti cifrati.

Su questi numeri tutte le parti del giudizio, e naturalmente la magistratura, hanno fornito le chiavi di lettura, i rimedi, e da ultimo la giustificazione.

La riforma, saldamente costruita sui numeri sembra dare le prime, importanti risposte: i primi riscontri a una, per così dire numerificazione del diritto tributario che sembra essere, si scusi il gioco di parole, la cifra dell’era in cui si vive.

La magistratura è attenta alle cifre del personale in organico e delle funzioni da svolgere. I difensori alle cifre del processo, al valore delle cause, alla durata del processo. La amministrazione finanziaria alle cifre in causa e all’interesse erariale, che tutela con rinnovato slancio.

In questo scenario, forse al centro, le donne e gli uomini dell’Amministrazione della giustizia. Un tessuto di vite, passioni, storie, aspettative, impegni e sentimenti che dalla mia funzione, in tutta onestà, non riesco a cifrare. Un patrimonio di professionalità che mi è impossibile stimare, ma che è sotto gli occhi di tutti, e non da oggi.

L’Amministrazione delle segreterie ha attraversato riforme e rivoluzioni: l’informatizzazione del processo, la migrazione sul portale della giustizia tributaria, e ancora l’ultimo cambiamento del modo di rendere giustizia, di cui il mutamento di nome, l’avvento delle Corti di giustizia tributarie, è soltanto l’aspetto più appariscente.

Essa lo ha fatto in silenzio, e con passione e senso delle istituzioni, come sempre e come sempre sarà.

La vita mi ha riservato l’onore di dirigere e conoscere donne e uomini che credono nella loro missione, che hanno la differenza, e che non temono le sfide. Non hanno paura del digital divide, non hanno paura delle nuove tecnologie non si spaventano dinnanzi a un pensiero giuridico che a volte vedono trasformarsi in calcolo.

Il passare delle loro primavere non scalfisce un servizio prezioso, discreto, ma per questo non meno importante per le altre parti: dal nostro punto di vista, per tutte e tre le parti del giudizio.

Cosa riserva al personale amministrativo la recente riforma del processo? Mi piace pensare un che sia un consapevole silenzio.

Consapevole del lavoro, dell’abnegazione, delle giornate concluse sottorganico e sotto ruolo delle donne e degli uomini tutte e tutti.

L’Amministrazione delle segreterie non cambia nella riforma, e non muta il suo impegno: è a tutti noto che una riforma del processo è autenticamente efficace se permette uno sviluppo armonico delle parti, una crescita disarmonica invece non è autenticamente tale, e alla lunga tradisce i motivi che l’hanno animata.

Per questo motivo è importante ricordare e ricordarsi che il diritto tributario, per come visto dalle donne e dagli uomini dell’amministrazione va oltre i numeri, e la riforma che attendiamo è un mutamento che supera il parametro e l’obiettivo dei tempi del processo. È la qualità della giustizia che è tanto più importante quanto più, come ci insegna la grandezza antica, non può essere trasformata in un parametro, se è vero come è vero quello che insegnavano gli antichi maestri el diritto romano, e cioè che il diritto non è tanto tecnica, ma “arte del buono e del giusto”.

Quando guardo e penso ai collaboratori delle segreterie, mi piace pensare silenziosi servitori dello stato che aggiungono, a modo loro, arte alla quotidianità, e il senso di una missione che a volte non viene compresa, ma della cui importanza sono consapevoli i magistrati e gli avvocati più attenti. Arte quando trovano soluzioni alla limitatezza dei mezzi a disposizione, arte quanto intervengono per facilitare la vita alle parti, arte quando si scontrano con una quotidianità che a volte e rinunce e ristrettezze.

L’apertura dell’anno giudiziario allora dovrebbe diventare questo: una occasione per guardarci e tornare a essere consapevoli della unicità della nostra missione e dell’importanza del nostro ruolo: in quest’anno e in tutti gli altri che saranno.