Enrico De Mita sul processo tributario
Terzietà e imparzialità del giudice ed efficienza della giustizia tributaria sono poste a rischio dalla riforma di recente entrata in vigore.
La Corte di Giustizia Tributaria di Venezia lo sospetta con l'ordinanza 408/2022, depositata il 31 ottobre scorso, mediante la quale ha disposto l'immediata trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale, appuntando la propria attenzione e vis argomentativa alle modifiche disposte dalla riforma (130/22) nei confronti del dlgs 545/92. Il percorso per individuare il giudice più appropriato per la materia tributaria ha portato alla generalizzazione della giurisdizione del giudice speciale.
Come noto la nostra Costituzione (art. 102) vieta l'istituzione di giudici speciali, di giudici non togati che non siano stati selezionati in base a pubblici concorsi. E le commissioni tributarie esistevano ben prima che fosse approvata la Costituzione, la quale, mentre vietava in genere l'istituzione di giudici speciali, consentiva la conservazione di quelli esistenti purché revisionati entro un certo limite di tempo quanto a funzionamento e struttura, con il limite della materia (145/98). Questa revisione dura dal 1972 sino alla disciplina del 1992.
Sulla materia la riforma 2022 rischia di avere una vigenza ricognitiva e nessuna incidenza in termini di efficienza, se è vero che solo dall'anno 2052 resteranno in servizio esclusivamente Magistrati tributari. Il giudice tributario a libro paga, a libro premi e/o sanzioni del Mef non è magistrato libero. Questo – in sintesi – il senso dell'ordinanza richiamata, orientata dall'obiettiva censura dell'irragionevole esercizio della discrezionalità del legislatore. I giudici veneziani sciolgono il quesito sulla rilevanza delle questioni poste: le norme, della cui costituzionalità si dubita, non sono solo astrattamente, ma anche concretamente rilevanti, perché «l'esito della lite potrà essere conforme a diritto solo in quanto chi si appresta a giudicare si senta libero di farlo e perciò in grado di esercitare il proprio dovere di ius dicere».
L’ordinanza-manifesto merita, prima ancora di essere oggetto di decisione da parte della Consulta, di essere immediatamente considerata da parte del legislatore, perché l'altisonanza della riforma della giustizia tributaria non si infranga nell'arretramento delle garanzie di imparzialità della giurisdizione e di parità processuale.